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Come gestire il coming out in ufficio?

Coming out in ufficio

Gestire il coming out in ufficio può essere, per molti uomini e per molte donne, un problema. Uscire allo scoperto e parlare in modo esplicito della propria sessualità – sempre ammesso che sia necessario farlo – è ancora un fastidio, soprattutto in ambito professionale: sul posto di lavoro si presta attenzione a qualsiasi particolare possa mettere a repentaglio la reputazione, e purtroppo a volte l’omosessualità o la bisessualità vengono percepite sotto una luce negativa. Ecco, quindi, che molti evitano i discorsi sulla vita privata, non parlano del proprio partner e si trovano in imbarazzo nel momento in cui i colleghi affrontano temi che chiamano in causa la famiglia e i figli.

Bisogna partire, in primo luogo, dal presupposto che fare coming out non è un obbligo ma una scelta: ognuno è libero di parlare o meno di ciò che gli piace fare in camera da letto e delle persone che frequenta. Chiaramente, molto dipende anche dal tipo di rapporto che si ha con i colleghi: con quelli con cui c’è un certo rapporto di amicizia, ci si può confidare tranquillamente, certo non sperando che la notizia possa rimanere un segreto (anche la persona più delicata e più buona del mondo ama i pettegolezzi); con quelli con cui c’è indifferenza o comunque un rapporto freddo, si può tranquillamente fare a meno di parlarne.

Certo è che molte persone potrebbero sentire la necessità di non nascondersi e di mostrarsi per ciò che sono. Se è vero che in Europa da ormai molti anni è in vigore una direttiva contro le discriminazioni che intende tutelare e proteggere le persone omosessuali sul lavoro, è altrettanto vero che è difficile poter parlare di ogni ufficio come di un ambiente inclusivo e incline all’integrazione. Nella cultura del nostro Paese – e non solo – sussiste un forte stigma sociale a proposito del non essere eterosessuali.

Quel che è sicuro è che mentire è una strategia sbagliata: un ragazzo gay che fa finta di avere una fidanzata mette in atto dei comportamenti sbagliati, non solo perché le bugie – come si suol dire – hanno le gambe corte, e quindi una volta scoperte rischiano di suscitare ancora più pettegolezzi di quelli che si voleva evitare, ma anche perché si finirebbe per non essere sé stessi, per sentirsi incompresi e per avere a che fare con un disagio da cui si vorrebbe uscire.

Insomma, in ogni contesto in cui se ne ha la possibilità gestire il coming out vuol dire rivendicare la propria identità e il proprio modo di essere con orgoglio, sempre rispettando le credenze e le opinioni altrui.

Ovvio, in una casa di moda tutto potrà essere più semplice rispetto a un coming out affrontato in un altro ambiente, e anche il contesto culturale in cui si vive ha una sua influenza. Ma, se ci si sente sicuri e pronti ad affrontare ogni difficoltà, perché rifiutare la responsabilità del proprio io e fingere di mostrarsi per ciò che non si è?

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