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Da cosa può derivare la depressione in ufficio?

Depressione in ufficio

Affrontare la depressione in ufficio può rappresentare un problema di portata rilevante, soprattutto quando a causarla è proprio il contesto di lavoro. A farlo notare è stato uno studio di qualche anno fa che ha evidenziato che passare almeno undici ore in ufficio determina un aumento delle probabilità di ammalarsi di depressione: il rischio è doppio rispetto a coloro che sostengono turni di lavoro “normali”. I più sensibili sono i giovani, ma anche le donne a rischio: questo, almeno, è quello che svelava la ricerca pubblicata su Plos One, uno studio condotto tra la Gran Bretagna e la Finlandia che aveva preso in esame oltre 2mila impiegati governativi di età compresa tra i 35 e i 55 anni nel Regno Unito.

Insomma, passare 55 o più ore ogni settimana tra documenti e clienti aumenta le probabilità di cadere in depressione di due volte e mezzo. A essere colpite sono maggiormente le donne, che si fanno prendere dall’ansia di non riuscire a fare tutto, mentre i giovani sono indotti a lavorare più del dovuto, e quindi a rischiare a loro volta, sia per avanzare di livello che per soddisfare le proprie necessità finanziarie. Sembrano esenti da ogni pericolo gli stakanovisti maschi, cioè i dipendenti che, pur a fronte di mansioni impegnative, possono contare su stipendi alti: in effetti, gli episodi depressivi che hanno coinvolto questa categoria sono stati molto pochi, nell’ambito di un follow-up che è durato ben sei anni.

La dottoressa Marianna Virtanen, impiegata presso il Finnish Institute of Occupational Health di Helsinki, spiega che lavorare di più solo in poche occasioni si traduce in benefici sociali e individuali, mentre gli straordinari ripetuti nel tempo riducono l’efficienza e aumentano lo stress e le preoccupazioni anche al di fuori dell’ufficio.

Quello britannico, per altro, non è il solo studio allarmante: è piuttosto recente una ricerca condotta da Rizo Psicosomatica, che ha mostrato come la depressione spesso dipenda dal non mettere a frutto il proprio talento e le proprie capacità: insomma, quando il lavoro che si svolge è ben lontano dalle aspirazioni individuali e dai sogni che si inseguono. Il contrasto tra la realtà e i desideri si traduce in un attrito che può prendere forme diverse, da una costante insoddisfazione a un generalizzato disagio, per un malessere complessivo che, se si cronicizza, può portare – appunto – a uno stato depressivo. La depressione, in questo caso, viene paragonata alla febbre: come questa brucia le tossine che si accumulano nel corpo, la depressione libera il cervello da tutti i veleni che lo intossicano.

Infine, vale la pena di citare un’indagine effettuata dall’università australiana del New South Wales a Sydney, che ha notato che la maggior parte dei casi di depressione riscontrati negli ultimi anni in città è dovuta a comportamenti ritenuti stressanti del datore di lavoro o comunque della persona a cui si fa riferimento nel contesto professionale. Insomma, anche un capo con pretese eccessive può influire in modo negativo sull’umore di una persona, e lo stress viene somatizzato sotto forma di nausea e dolori.

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