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Norme e consigli per l’aerazione in ufficio

Aerazione in ufficio

L’aerazione in ufficio è un aspetto che viene troppo spesso sottovalutato. A torto, visto che le condizioni del microclima (incluse la velocità dell’aria, l’umidità e la temperatura) sono molto importanti per assicurare il benessere di chi lavora.

Ovviamente, negli uffici non ci sono condizioni microclimatiche tali da provocare sulla salute delle ripercussioni immediate, almeno nella stragrande maggioranza dei casi, visto che la letteratura della medicina del lavoro segnala comunque il rischio della cosiddetta sick-building syndrome, che si presenta con sintomi non specifici come l’irritazione degli occhi e delle vie aeree, l’irritabilità, la sonnolenza, le irritazioni cutanee, la nausea, il mal di testa e altri disturbi nervosi. Un rischio raro, certo, ma non completamente assente.

La questione del microclima è, evidentemente, strettamente connessa con il problema della qualità dell’aria, la quale dovrebbe essere ricambiata con una certa frequenza, soprattutto in presenza di inquinanti: è vero che in ufficio non si potrebbe fumare, ma ogni tanto qualche collega con la sigaretta in bocca decide di non rispettare le norme, e quindi aprire le finestre non può che fare bene (senza dimenticare che gli indumenti rimangono impregnati del cattivo odore anche quando si va a fumare all’aperto).

Per quel che riguarda le leggi, il riferimento più importante è il DPR 303/56 modificato in seguito dal DLgs 626/94 e dal DLgs 242/96. In esso si specifica che nei luoghi di lavoro chiusi è necessario che i lavoratori dispongano di una quantità di aria salubre sufficiente, eventualmente ottenuta con l’ausilio di impianti di aerazione. Secondo quanto imposto dai regolamenti locali di igiene edilizia, il ricambio di aria si ottiene – per usare il linguaggio burocratico delle normative – “mediante superfici apribili”: insomma, con le finestre, che garantiscono una aerazione naturale.

Nel caso in cui essa risulti non sufficiente, si può ricorrere a un sistema di immissione di aria dall’esterno, purché trattata in maniera adeguata. Un impianto di aerazione, nel caso in cui venga adoperato, deve essere sempre funzionante e gli eventuali guasti vanno segnalati da un sistema di controllo. In generale, ogni aspetto deve essere curato in modo tale che sia salvaguardata la salute dei lavoratori: il che vuol dire, per esempio, che essi non devono essere esposti a correnti d’aria fastidiose nel caso in cui vengano impiegati degli impianti di ventilazione meccanica o di condizionamento dell’aria. Per lo stesso motivo, è indispensabile eliminare il più velocemente possibile qualunque residuo di sporcizia o qualunque sedimento potenzialmente in grado di rappresentare un pericolo.

A volte, infatti, gli stessi impianti di condizionamento si trasformano in una fonte di inquinamento, per esempio quando sono presenti degli agenti patogeni, ma soprattutto quando l’aria che riprendono proviene da zone inquinate con gas di scarico. In caso di controversie, è possibile ricorrere anche a misurazioni oggettive, relative all’umidità dell’aria, ai ricambi dell’aria, alla temperatura e ai microinquinanti come l’ossido di azoto, l’ossido di zolfo o qualsiasi sostanza che venga rilasciata dal fumo, dalla moquette o dai mobili, oltre agli idrocarburi che sono caratteristici dell’inquinamento.

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