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La pausa in ufficio, per legge è un diritto

Pausa in ufficio

Durante l’orario di lavoro, fare una pausa è sempre piacevole: permette di staccare mentalmente per qualche istante e di ricaricare metaforicamente le batterie, in modo da poter tornare alla propria attività più concentrati. Insomma, una pausa in ufficio è spesso foriera di una produttività migliore e maggiore: ma, soprattutto, è un diritto stabilito per legge dal 2003. Più nello specifico, ogni 6 ore deve esserci una pausa di almeno 10 minuti, ovviamente a tutela della salute dei lavoratori.

Per quel che riguarda la durata e la modalità delle pause, esse in linea teorica dovrebbero essere definite nei contratti di lavoro collettivi; nel caso in cui questi non le stabiliscano, è previsto che i lavoratori abbiano diritto a una pausa di non meno di dieci minuti, tra l’inizio e la fine del periodo di lavoro, tenendo in considerazione le necessità tecniche del processo lavorativo. Come si può facilmente intuire, si tratta di una questione che non può essere regolamentata con facilità: sarebbe molto più semplice se a influenzare le decisioni in tal senso fossero il buon senso dei datori di lavoro e la disponibilità dei dipendenti, ma non sempre ciò è possibile.

Per il lavoro al pc in ufficio i datori di lavoro sono tenuti a garantire delle pause. Il decreto legislativo numero 81 del 2008, nello specifico, segnala tutti i rischi per la salute che derivano dall’attività lavorativa eseguita tramite i videoterminali, e pone in evidenza gli accorgimenti da adottare per evitarli. Se gli impiegati sono impegnati nella stessa attività per non meno di quattro ore di seguito, essi hanno il diritto a un’interruzione, che può concretizzarsi nel cambiamento del compito che stanno svolgendo o in una pausa. Inoltre, ogni due ore che vengono trascorse davanti al computer in modo continuativo, il dipendente ha diritto a un’interruzione di quindici minuti.

Il lavoratore, in presenza di esigenze personali particolari, ha la possibilità di avanzare la richiesta – presso il proprio datore di lavoro – di stabilire delle interruzioni individuali, presentando un certificato medico apposito. La legge, ovviamente, non permette di accumulare le pause, per esempio per garantire al lavoratore di uscire prima o di entrare dopo: lo scopo delle interruzioni è quello di preservare la salute dei dipendenti sospendendo compiti prolungati. D’altro canto, è bene ricordare che la pausa rappresenta una parte integrante dell’orario di lavoro: per questo, ad esempio, non può rientrare in accordi che si basano sulla diminuzione dell’orario di lavoro.

La legge specifica, inoltre, che il datore di lavoro non può annoverare i tempi di attesa passati davanti al computer tra le pause, perché l’aspettare una risposta dal pc è ritenuto tempo di lavoro (per il semplice motivo che non si può lasciare il posto di lavoro in quel momento). Come detto, al di là dei regolamenti e della legge, la soluzione migliore sarebbe quella di trovare un compromesso tra datore di lavoro e dipendenti, frutto dell’equilibrio e della disponibilità a venirsi incontro, nel pieno rispetto delle esigenze di una e dell’altra parte.

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